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Media Law – resolution center – Organismo di Mediazione ed Ente di Formazione accreditato al Ministero della Giustizia e Camera Arbitrale, offre un servizio di assistenza ed una serie di strumenti noti come ADR (Alternative Dispute Resolution) che permettono di risolvere e/o prevenire le liti in tempi certi, brevi e a costi predeterminati.

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Convegno di studi: "GDPR - Nuovi adempimenti privacy" [MEDIA LAW - Grosseto]

Pubblicato in data 11-05-2018

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Convegno Media Law

Successo per il convegno sul GDPR organizzato ma MEDIA LAW, organismo di mediazione civile e commerciale ed ente di formazione, lo scorso 11 maggio presso la Sala Pegaso del PAlazzo della Provincia di Grosseto.
Un successo certificato dalla necessità di chiusura anticipata delle prenotazioni per detto convegno.
MEDIA LAW, in collaborazione con il Collegio dei Geometri e Geometri Laureati di Grosseto e Confedilizia Grosseto, ha deciso di replicare l'evento il giorno 18 maggio dalle ore 9 alle ore 13 presso l'Hotel Granduca sito in Via Senese, Grosseto.

- Nuovi parametri forensi 2018. Novità per l'assistenza in mediazione e negoziazione assistita. [MEDIA LAW - Grosseto]

Pubblicato in data 17/04/2018

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Il testo del decreto ministeriale che modifica le tariffe della professione forense per il 2018 ha ottenuto il via libera da parte della Commissione parlamentare incaricata.

Dopo il via libera da parte del Consiglio di Stato, quindi, il DM 55/2014 con il quale vengono ridefiniti i “parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense” ottiene anche quello della II Commissione Giustizia della Camera dei Deputati che ne è stata incaricata.

A questo punto per l’entrata in vigore delle nuove tariffe non manca molto; è bene precisare però che nonostante l’approvazione la Commissione ha dato delle importanti indicazioni sullo schema ministeriale, di cui vi parleremo nel prosieguo dell’articolo.

Sono molte le novità per le tariffe degli avvocati che saranno introdotte dal decreto, anche se la più importante è sicuramente quella che introduce una specifica tabella per l’attività di negoziazione assistita e mediazione. Con lo schema emanato dal Ministero dell’Interno, quindi, gli ADR entrano a far parte, a pieno titolo, dell’elenco dei parametri professionali alla pari delle altre attività giudiziali.

Ma questa non è certo l’unica novità delle nuove tariffe avvocati del 2018; ecco una spiegazione dettagliata su cosa cambierà per la professione forense.

Nuove tariffe per mediazione e negoziazione assistita
Con il decreto del Ministero della Giustizia sono stati aggiornati i parametri per il calcolo del compenso spettante agli avvocati per le attività da loro svolte. Attività giudiziali ma non solo; come anticipato con il sopracitato decreto viene introdotta una tabella ad hoc per la mediazione e la negoziazione assistita.

Queste si dividono in tre diverse fasi e per ognuna il decreto ha previsto dei compensi specifici, a seconda del valore di riferimento (ne vengono indicati sei a seconda del valore della controversia), come possiamo vedere dalla tabella successiva:

VALORE:
- FINO ad € 1.100,00. Fase dell'Attivazione € 60,00; Fase di negoziazione € 120,00; Conciliazione € 180,00.
- Da € 1.100,01 ad € 5.200,00. Fase dell'Attivazione € 270,00; Fase di negoziazione € 540,00; Conciliazione € 810,00.
- Da € 5.200,01 ad € 26.000,00. Fase dell'Attivazione € 420,00; Fase di negoziazione € 840,00; Conciliazione € 1.260,00.
- Da € 26.000,01 ad € 52.000,00. Fase dell'Attivazione € 510,00 Fase di negoziazione € 1.020,00; Conciliazione € 1.530,00.
- Da € 52.000,01 ad € 260.000,00. Fase dell'Attivazione € 960,00 Fase di negoziazione € 1.920,00; Conciliazione € 2.880,00.
- Da € 260.000,01 ad € 520.000,00. Fase dell'Attivazione € 1.305,00 Fase di negoziazione € 2.610,00; Conciliazione € 3.915,00.

Nuove tariffe per avvocati: le altre novità.
Anche se la più importante, questa non è l’unica novità prevista dal decreto firmato dal Ministro della Giustizia.

Ad esempio, il decreto pone un freno alla discrezionalità del giudice, il quale in alcuni casi può decidere di ridurre sensibilmente il compenso previsto per l’avvocato.

A tal proposito il Ministro Orlando nell’emanare il decreto ha accolto l’appello fatto dal Consiglio Nazionale Forense il quale ha chiesto a più riprese di ridurre il potere decisionale del magistrato in sede di liquidazione; per questo motivo, nella nuova tabella è stato stabilito che i valori medi potranno essere ridotti dal giudice entro il limite del 50%. La percentuale sale al 70% per l’attività istruttoria.

Ma i compensi possono essere anche aumentati. Lo prevede la nuova tabella, la quale stabilisce che durante la fase istruttoria, qualora davanti al TAR o al Consiglio di Stato vengano proposti dei motivi aggiuntivi, il compenso dell’avvocato può aumentare fino al 50% di quanto previsto inizialmente.

Aumenti previsti anche per il legale che rappresenta più soggetti aventi la stessa posizione processuale. Nel dettaglio, il decreto porta al 30% la percentuale di aumento per ogni soggetto (prima era il 20%) e alza il limite dei soggetti per il quale è possibile aumentare la tariffa a 30 unità, rispetto alle 10 di oggi.

Infine, qualora la posizione processuale dei soggetti sia la stessa e la prestazione professionale dell’avvocato non prevede l’esame di specifiche questioni di fatto o di diritto, è discrezionalità del giudice decidere se ridurre il compenso, ma entro il limite del 30%.

Queste sono le novità più importanti che verranno introdotte una volta che il decreto sarà ufficiale; nel frattempo ecco il testo completo e le nuove tabelle, più il testo del DM 55/2014 (ancora in vigore) con il quale potete fare un confronto.

I suggerimenti della Commissione.
La II Commissione Giustizia della Camera dei Deputati nel valutare il testo del decreto ministeriale ha manifestato la propria soddisfazione per quanto stabilito dall’articolo 19 del nuovo regolamento, nel quale vengono definiti i parametri generali per la determinazione delle tariffe delle attività stragiudiziali.


Secondo la Commissione però l’articolo è ancora incompleto e per questo suggerisce l’introduzione di un comma con il quale si riconosce al legale che “depositando gli atti in modalità telematica utilizza tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione” la possibilità di aumentare le tariffe del 30%.

Quindi, qualora l’avvocato renda “navigabile” un atto grazie all’utilizzo di tecniche informatiche innovative sarebbe giusto riconoscergli un compenso maggiore di quello previsto dalle tabelle, per un incremento pari al 30%.

Perché introdurre questo incentivo? La motivazione è semplice: grazie a queste tecniche informatiche si facilita non solo la conservazione dell’atto, ma anche la consultazione da parte di terzi, accelerando così la conclusione del procedimento.


da money.it

La revoca dell'amministratore condominiale è soggetta a mediazione obbligatoria [MEDIA LAW - Grosseto]

Pubblicato in data 12/04/2018

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L’obbligo dell’esperimento del tentativo di mediazione sussiste anche con riferimento al procedimento di revoca dell’amministratore.

Questo il principio espresso con l’ordinanza della Corte di Cassazione, n. 1237/2018 del 18 gennaio scorso.

Nella specie, la Suprema Corte rigettava il ricorso presentato avverso la decisione della Corte d’Appello di Palermo aderendo all’interpretazione del Tribunale per cui “la mediazione obbligatoria è applicabile anche al giudizio di revoca dell’amministratore di condominio, nonostante si tratti di procedimento in camera di consiglio” aggiungendo che “la mancata comparizione della ricorrente nell’incontro davanti al mediatore equivalesse a mancato avveramento della condizione di procedibilità”.

Il ricorrente deduceva la violazione degli artt. 64 e 71 quater c.c. affermando che il decreto impugnato aveva natura di sentenza e che l’istituto della mediazione obbligatoria non fosse applicabile alla fattispecie inerente la revoca dell’amministratore in quanto decisa in camera di consiglio.

Ebbene, la Corte ha precisato come il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio: “1) riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare; 2) è ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore; 3) è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità; 4) non riveste, tuttavia, alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena”.

Il decreto con cui la Corte d’Appello in sede di reclamo su provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio, dichiari improcedibile la domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 , ex art. 5, pertanto, non costituisce “sentenza”, ai fini ed agli effetti di cui all’art. 111 Cost., comma 7, essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi: trattasi, dunque, di provvedimento non suscettibile di acquisire forza di giudicato, a nulla rilevando la motivazione del ritenuto ostacolo pregiudiziale all’esame della domanda giudiziale, atteso che la pronuncia di improcedibilità, comunque motivata, resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale e non impugnabile, e non può pertanto costituire autonomo oggetto di impugnazione.

Il ricorso veniva così dichiarato inammissibile e confermato così, implicitamente, quanto statuito dalla Corte d’Appello di Palermo.

Cass., Sez. VI – 2 Civ., 18 gennaio 2018, n. 1237

Revoca del D.I. in caso di mancato consenso alla prosecuzione della procedura di mediazione. Trib. Grosseto - Sentenza n. 631/2017

Pubblicato in data 04/07/2017

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La recentissima pronuncia del Tribunale di Grosseto, oltre ad affrontare il controverso tema dell'onere di attivazione della mediazione obbligatoria nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, sposando la tesi che grava sul creditore opposto l'onere di avvio della procedura di mediazione (con conseguente revoca del decreto in caso di inerzia), si spinge fino a valutare le modalità in cui può dirsi correttamente esperito il procedimento di mediazione.
La peculiarità del procedimento di ingiunzione e della successiva ed eventuale fase a cognizione piena ha generato notevoli difficoltà di coordinamento con la procedura di mediazione.


Invero, ai sensi dell'art. 5, comma 1 bis del D.lgs n 28/2010, chiunque "intende esercitare in giudizio una azione" fra quelle tassativamente indicate nel prosieguo della norma (tra cui i contratti bancari, come nel caso della pronuncia in commento) è tenuto ad esperire preventivamente al giudizio, pena l'improcedibilità del medesimo, un tentativo di mediazione.
Il decreto si è altresì occupato di coordinare il tentativo obbligatorio di mediazione con altre esigenze, come celerità ed urgenza.
In particolare, con riferimento al procedimento di ingiunzione, l'art. 5, comma 4°, lett. a), prevede che la disciplina della mediazione obbligatoria non si applichi per tutta la prima fase, di natura sommaria, ritornando ad operare una volta che il giudice abbia deliberato sulla richiesta di concessione (non accordata nella fase precedente), ovvero di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto opposto.
Pur essendo evidente la ratio sottostante alla accennata scissione – ovvero l'esigenza di salvaguardare l'effettività della fase monitoria, caratterizzata da una certa speditezza anche per il fatto di venir celebrata inaudita altera parte – tuttavia i caratteri del successivo processo a cognizione piena, rendono particolarmente difficoltosa l'individuazione della parte tenuta ad attivare il cialis pas cher percorso stragiudiziale: come noto, infatti, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo attore sul piano processuale è il debitore, convenuto in senso sostanziale, mentre l'attore in senso sostanziale, ovvero il creditore che chiesto ed ottenuto l'emissione del decreto, assume in questa sede le vesti di convenuto sul piano processuale.
Il capovolgimento formale di ruoli ha ingenerato una netta contrapposizione, all'interno della giurisprudenza di merito, fra coloro che ritengono onerato dell'attivazione del momento stragiudiziale il debitore, attore in senso formale nel giudizio di opposizione, e chi affida invece il relativo compito al creditore, che di fatto ha scelto di "esercitare in giudizio una azione".
Il Tribunale di Grosseto con la recente pronuncia consolida un orientamento, che già aveva espresso in passato (Sentenza n 459/2016), onerando il convenuto opposto all'attivazione della mediazione, con la conseguenza che ad un'eventuale pronuncia di improcedibilità seguirà la revoca del decreto ingiuntivo previamente emesso.
Più che condivisibile, a parere di chi scrive, è la tesi seguita dal Tribunale di Grosseto con la pronuncia in esame in quanto il procedimento di ingiunzione, sebbene distinto in due diverse fasi, deve essere considerato, così come peraltro affermato più volte dalla Suprema Corte un unicum: ed il giudizio di opposizione costituisce l'eventuale e naturale prosecuzione del processo nella forma della cognizione piena ove valutare la fondatezza della pretesa azionata dal creditore opposto, la quale dunque costituisce l'oggetto, ma anche il limite (in assenza di domande riconvenzionali) del successivo momento procedimentale. In quest'ottica, quindi, il soggetto che "esercita (...) in giudizio una azione", secondo la dizione fornita dall'art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, non può che essere individuato nel creditore opposto, essendo colui che ha a tutti gli effetti attivato il procedimento con la propria domanda introduttiva (pur nella forma monitoria).
La pronuncia in commento riveste particolare importanza per quanto attiene poi alle modalità in cui deve svolgersi la mediazione.
Al riguardo giova ricordare che le modifiche apportate con il c.d. decreto del fare alla disciplina originaria hanno sostanzialmente diviso il procedimento in due momenti distinti: un primo incontro – c.d. "filtro" – ove il mediatore, dopo aver chiarito finalità, modalità e tempi della mediazione, "invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione" (art. 8 D.Lgs. n. 28/2010).
Il Tribunale di Grosseto ha chiarito la necessità di un esperimento sostanziale della mediazione, oltre il primo incontro informativo, sanzionando con l'improcedibilità il comportamento della convenuta opposta, che nel caso di specie aveva ottemperato all'onere sulla stessa gravante di esperire la procedura di mediazione solo formalmente: "Ritiene questo Tribunale che parte opposta con la propria condotta non abbia dato effettiva esecuzione all'ordinanza su richiamata, avendo partecipato solo alla fase preliminare ed essendosi limitata ad un mero adempimento formale dell'onere posto a suo carico".
Sul punto peraltro si è ormai consolidato un orientamento (conforme anche nel tribunale fiorentino) secondo cui la disposizione in esame debba essere intesa, per quanto concerne le fattispecie "obbligatorie" e specialmente per la mediazione delegata, come partecipazione concreta, effettiva e personale alla mediazione, oltre il primo incontro informativo.
La condizione di procedibilità elaborata dal legislatore deve intendersi – secondo l'elaborazione del Tribunale di Grosseto, da alcuni anni particolarmente sensibile al rispetto della mediazione e dei suoi caratteri,come momento di valutazione concreta e preventiva del conflitto per chiunque intenda esercitare (nelle materie indicate nel D.Lgs. n. 28/2010) un'azione in giudizio.
Se ciò vale per ogni procedimento attivato "in via ordinaria", eadem ratio deve trovare applicazione a maggior ragione nella fattispecie monitoria, ove chi agisce non ha attivato il percorso stragiudiziale ed ha addirittura ottenuto un titolo inaudita altera parte;
Tale valutazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo secondo il Tribunale di Grosseto è rimessa al creditore, che di fatto ha attivato la tutela giurisdizionale e deve concretamente esperire la procedura di mediazione, pena l'improcedibilità della domanda e la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Avv. Serena Iazzetta
Mediatore Media Law

Mediazione: il termine di avvio è ordinatario. Corte di appello di Milano, sez. I Civile, sentenza 24 maggio – 7 giugno 2017, n. 2515

Pubblicato in data 28/06/2017

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Mediazione: il termine di avvio è ordinatario

La sentenza in commento rappresenta la prima pronuncia resa da una Corte di Appello sulla questione assai dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza circa la natura, perentoria oppure ordinatoria, del termine di avvio del procedimento di mediazione.
La Corte d'Appello ambrosiana si discosta dalla tesi della perentorietà del termine di avvio (tesi- lo ricordiamo- fatta propria da alcuni Tribunali. Si vedano per esempio: Trib. Firenze, 9 giugno 2015 e successivamente Trib. Napoli Nord 14 marzo 2016) , chiarendo, al contrario, la natura ordinatoria del termine per l'avvio della procedura di mediazione. La Corte chiarisce, dunque, che la ritardata presentazione dell'istanza per l'avvio della mediazione, una volta che il tentativo di mediazione è stato esperito (seppur con esito negativo) non comporta l'improcedibilità del giudizio (né tantomeno produce, nel caso di specie, effetti decadenziali per l'opposizione a decreto ingiuntivo). Nel giudizio di appello si dovrà, dunque, procedere all'istruttoria non svolta in primo grado, al fine di giungere così ad una decisione sul merito.


Il giudice di primo grado (Trib. Monza , sent. N. 156 del 21 gennaio 2016) aveva dichiarato l'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo per mancato esperimento del tentativo di mediazione nel termine assegnato dal G.I. (quindici giorni) e, per l'effetto, aveva confermato il decreto ingiuntivo opposto.
Il giudizio, in effetti, prendeva le mosse da un decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da un istituto di credito nei confronti del fideiussore di una s.a.s. , il quale aveva proposto opposizione disconoscendo la firma apposta sulla garanzia prodotta in sede monitoria dalla banca ricorrente. La causa non era stata istruita e si era conclusa con il rigetto dell'opposizione promossa dal fideiussore, in quanto quest'ultimo aveva dato avvio al procedimento di mediazione oltre il termine di giorni quindici concesso dal G.I.
Il giudice di prime cure aveva ritenuto il procedimento di mediazione espletato (conclusosi con esito negativo) non sufficiente ai fini dell'esperimento della mediazione quale condizione di procedibilità per le controversie di cui all'art. 5, comma 1 bis d.lgs. 28/2010 e successive modificazioni ; ciò in considerazione del fatto che la natura perentoria del termine avrebbe imposto perlomeno una richiesta di proroga dello stesso da parte dell'attore in opposizione.
Tale decisione era stata presa sulla base di quanto statuito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 24629 del 2015.
La Corte di Appello meneghina , nell'esaminare la prima questione sottoposta dall'appellante concernete l'improcedibilità della controversia per tardivo esperimento del tentativo di mediazione, evidenzia come la sentenza n. 24629/2015 della Corte di Cassazione, non sia rilevante nel caso in cui si discuta in merito al preteso mancato rispetto da parte del debitore opponente del termine di quindici giorni indicato dal giudice per instaurare quale procedimento. La sentenza richiamata dal giudice di primo grado concerne, al contrario, la distribuzione degli oneri tra le parti di un giudizio di opposizione circa l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, e, come noto, ha posto a carico del debitore opponente l'onere di attivare detta procedura.
Il giudice di secondo grado ritiene di non poter applicare al termine assegnato dal G.I. per l'esperimento del procedimento di mediazione il disposto di cui all'art. 154 c.p.c. ; lo spirare di detto termine non avrebbe potuto, invero, condurre il giudice di prime cure a ritenere necessaria una richiesta di proroga, la quale avrebbe avuto quale unico effetto quello di procrastinare ulteriormente i tempi.
La Corte di Appello di Milano , nel giungere a ritenere ordinatorio il termine di avvio del procedimento di mediazione, sottolinea come nessuna norma di legge attribuisca natura perentoria a detto termine. Nella normativa che disciplina la mediazione vi è, come noto, un solo termine cui la legge accorda il carattere di termine perentorio: si tratta della previsione di cui all'art. 6, comma 1, d.lgs. 28/2010 , come modificato dalla L. 98/2013.
Inoltre, poiché l'esperimento del tentativo di mediazione vale come condizione di procedibilità dell'azione che è sottoposta solamente ai termini di legge (prescrizione e decadenza per la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo) , sarebbe del tutto incoerente ritenere tale termine perentorio, andando così ad incidere pesantamente sulle norme che disciplinano la mediazione.
Un'interpretazione in senso diverso, e cioè a favore della natura perentorio del termine di avvio del procedimento di mediazione, creerebbe, inoltre, un vulnus nella stessa legge di mediazione comunitaria: che disciplina la mediazione. La legislazione nazionale, pur prevista dal legislatore italiano quale condizione di procedibilità per le liti di cui all'art. 5, comma 1 bis , d.lgs. 28/2010 e successive modificazioni, "rimane pur sempre una disciplina orientata ad incentivare soluzioni delle controversie pacifiche e alternative alla giurisdizione , senza un'eccessiva compromissione del diritto di agire, il quale non potrebbe essere impedito frapponendo ulteriori ostacoli temporali o decadenze processuali incompatibili con il principio del giusto processo e con il diritto di libero accesso alla giustizia , di matrice costituzionale e convenzionale" .
In conclusione, ad avviso della corte milanese, si deve propendere per ritenere il termine per l'attivazione del procedimento di mediazione ordinatorio , sulla base del fatto che la legge non prevede il detto termine come termine processuale e che la mediazione non è assimilabile ad un giudizio ordinario, ma rappresenta uno strumento alternativo per la risoluzione di controversie vertenti su diritti disponibili. Pertanto, lo spirare di spirare di un termine finalizzato a disciplinare un procedimento che si pone quale procedimento alternativo a quello giurisdizionale non può essere produttivo di effetti processuali, che sono regolati da norme che sono riferibili solamente al giudizio ordinario.

Avv. Irene Andolfi
Mediatore Media Law s.r.l.

Mediazione delegata ed onere di comparizione personale delle parti - Trib. Firenze, Sez. spec. delle Imprese

Pubblicato in data 12/06/2017

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Mediazione delegata ed onere di comparizione personale delle parti

L'art. 5, 2° comma, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, così come modificato dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69 disciplina la mediazione c.d. delegata che le parti devono esperire a pena di improcedibilità della domanda.
Tale disposizione legislativa contempla un'ipotesi di mediazione che deve essere attivata, su ordine discrezionale del giudice, dopo una valutazione in merito alla conciliabilità della causa.
Il Tribunale delle Imprese di Firenze ha confermato con una recente pronuncia la necessaria comparizione personale delle parti alla procedura di mediazione a pena di improcedibilità della domanda, andando così a supportare un orientamento giurisprudenziale che in materia può dirsi ora consolidato.

Sin dalle prime applicazioni del D.Lgs. n. 28/2010 si sono riscontrate divergenze interpretative su cosa dovesse intendersi per "comparizione della parte", nonché sugli effetti che il mancato assolvimento del relativo onere determinasse.
Il Tribunale di Firenze aveva già espresso in passato l'adesione all'interpretazione più restrittiva, ritenendo la necessaria partecipazione personale delle parti sostanziali, senza possibilità di delega ai difensori (Trib. Firenze, 19 marzo 2014, in Guida Dir., 2014, 17, ins. 5, 3 e Trib. Firenze, 17 marzo 2014, in Guida Dir., 2014, 17, ins. 5, 6), adesso suffragata da un'ulteriore pronuncia proveniente dal Tribunale delle Imprese.
La pronuncia in commento non si limita a chiedere la necessaria partecipazione personale delle parti sostanziali (non surrogabile a quella del difensore), ma si spinge sino a delineare quelli che dovranno essere i confini procedurali necessari per ritenersi esperita la procedura delegata: "il procedimento di mediazione non può ritenersi esperito quando sia stato svolto solo il primo incontro informativo; la mancata partecipazione personale dell'invitato, assistito dal difensore, alla mediazione senza giustificato motivo, comporta la sua condanna al pagamento del contributo unificato";
Si segnala peraltro come in materia di "giustificato motivo" e alla c.d. sanzione per l'ingiustificata mancata partecipazione al procedimento di mediazione si stia sviluppando un orientamento restrittivo. In materia, ad esempio, il Tribunale di Palermo (Trib. Palermo, Sez distaccata Bagheria, 20 luglio 2012) ha ritenuto "i problemi legati all'età avanzata" motivo non giustificante la mancata comparizione personale e ha sanzionato la parte che non ha partecipato con il versamento in favore dell'erario di una somma corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Nella pronuncia in esame l'importanza attribuita alla partecipazione personale delle parti risulta ancor più dal duplice invito che il Tribunale delle Imprese rivolge agli avvocati e alle parti, laddove chiede che quest'ultime vengano informate in ordine a quanto disposto dal Tribunale e provvedano a depositare una nota contenente informazioni in ordine al rispetto di quanto richiesto.
Altro passaggio di rilievo della pronuncia in commento e la previsione che "nel procedimento di mediazione possono essere svolti atti istruttori, come l'esperimento di una consulenza tecnica che, sussistendone i presupposti, può essere utilizzata anche nella successiva fase processuale".
Tale decisione oltre a consolidare un orientamento sicuramente favorevole alla mediazione delegata, contribuisce a rendere effettività alla natura reale dell'istituto, finalizzato a garantire un effetto deflattivo mediante l'incontro diretto delle parti sostanziali, da svolgersi in una procedura di mediazione che per dirsi esperita deve necessariamente superare il primo incontro informativo.
I criteri procedurali, così come delineati dal Tribunale delle Imprese, non possono che ritenersi conformi al dettato legislativo allo spirito dell'istituto e alla funzione della mediazione e pertanto applicabili a qualsiasi procedura di mediazione, anche non delegata.

Avv. Serena Iazzetta
Mediatore Media Law Srl