Termine della mediazione: quale la natura? [Corte d’Appello Firenze, 13 gennaio 2020 n. 65]
Pubblicato in data 20/02/2020
Il recente intervento della Corte d’Appello di Firenze attesta come la questione relativa alla natura del termine assegnato in giudizio per introdurre il procedimento di mediazione sia tuttora dibattuta.
I giudici fiorentini, criticando la decisione di primo grado sottoposta al loro esame, hanno ritenuto di aderire all’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale il predetto termine avrebbe carattere ordinatorio. La sentenza parte dal presupposto per cui la improcedibilità dell’azione non può essere dichiarata se non comminata dalla legge e, infatti, le ipotesi di improcedibilità sono tassative e non sono suscettibili di interpretazione analogica.
Come si evince dal testo normativo, è l’esperimento del procedimento di mediazione che è condizione di procedibilità dell’azione davanti al Giudice ordinario. Ora, nel caso di specie la la mediazione era iniziata solo con 15 giorni di ritardo rispetto al termine assegnato ed aveva avuto regolare sviluppo: di conseguenza, quindi, secondo la Corte, ha trovato ampio riconoscimento la ratio sottesa all’esperimento di mediazione delegata (infatti la soluzione alternativa, in funzione deflattiva, è stata percorsa anche se inutilmente).
Affermano, pertanto, i giudici di secondo grado: “Il termine di 15 giorni è ordinatorio e non perentorio perché tale non è indicato dalla legge: art. 152 II comma c.p.c. né la perentorietà si desume dallo scopo o dalla funzione esercitata dal termine, proprio perché quanto rileva non è la istaurazione, ma lo svolgimento del procedimento di mediazione: Cass. civ. Sez. II, 19/01/2005, n. 1064. Poiché i termini stabiliti dal giudice per il compimento di una atto processuale sono, ai sensi dell’art. 152 c.p.c., ordinatori, salvo che la legge li dichiari espressamente perentori o la perentorietà consegua allo scopo e alla funzione adempiuta, ad essi non si applica il divieto di abbreviazione e di proroga sancito dall’art. 153 c.p.c. per i termini perentori”.
Proseguono, pertanto, i giudici di Firenze osservando che “Laddove interpretato come principio generale dell’ordinamento, avendo l’atto raggiunto lo scopo, la sanzione della improcedibilità non può essere pronunciata ( art. 156 III comma cpc) : la mediazione è stata iniziata con 15 giorni di ritardo rispetto al termine indicato , ma il procedimento si è iniziato e concluso e il mancato rispetto del termine non ha inciso sulla effettuazione del tentativo di mediazione.
La interpretazione fatta propria nel caso di specie dal Giudice di I grado, cozza altresì nel risultato finale ottenuto, con i principi espressi dalla Corte di Giustizia Europea laddove ripetutamente afferma la compatibilità del sistema di ADR con l’ordinamento giuridico sovranazionale a patto ed a condizione che sia comunque garantito l’accesso alla giustizia statuale. La pronuncia in oggetto si sostanzia in una denegazione di giustizia non giustificato da alcun comportamento colpevole della parte”.
Per tali motivi l’appello è stato accolto e la sentenza di primo grado è stata riformata.
Corte d’Appello Firenze, 13 gennaio 2020 n. 65
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