Media Law – resolution center – Organismo di Mediazione ed Ente di Formazione accreditato al Ministero della Giustizia e Camera Arbitrale, offre un servizio di assistenza ed una serie di strumenti noti come ADR (Alternative Dispute Resolution) che permettono di risolvere e/o prevenire le liti in tempi certi, brevi e a costi predeterminati.
Pubblicato in data 12/12/2018
Il Tribunale di Roma, in una recente pronuncia del 12 novembre scorso, si è espresso sul noto problema della mancata partecipazione personale al primo incontro della parte che ha promosso la mediazione.
La questione era stata sottoposta all’attenzione del giudice romano dal convenuto che, in sede di comparsa di costituzione, aveva eccepito l’improcedibilità della domanda attorea per non essere stata preceduta da un valido tentativo di mediazione.
Così, il Tribunale, esaminato il verbale in atti, constatandone l’esito negativo per mancata partecipazione del convenuto e, allo stesso tempo, la mancata personale comparizione degli attori, riteneva meritevole di positivo scrutinio l’eccezione di improcedibilità sollevata dal suddetto nella prima difesa.
Invero, ad avviso del giudicante “per assolvere la condizione di procedibilità, la parte che ha interesse ad assolvere tale condizione, ha l’onere di partecipare agli incontri dinnanzi al mediatore”, diversamente, nessuna conseguenza sulla procedibilità della domanda potrà aversi nel caso di mancata partecipazione della parte non onerata.
Detta partecipazione, prosegue il giudice, è un atto personalissimo della parte non delegabile se non mediante atto notarile, sicché il primo incontro di cui all’art. 5 d.lgs 28/2010 non può che riguardare anche le parti personalmente, posto che la logica dell’istituto è quella di riattivare la comunicazione fra i “litiganti” e quindi consentire loro di verificare la possibilità di una conciliazione.
Per quanto sopra premesso, il Tribunale romano, osservato che nel caso di specie aveva partecipato alla mediazione solo il difensore della parte onerata senza procura speciale notarile e che nessuna richiesta, tempestivamente a verbale, era stata avanzata per la concessione di un nuovo termine, ha considerato non avvenuta la mediazione e ha dichiarato la domanda attorea improcedibile.
Secondo il giudice di prime cure infatti “In caso di mancata partecipazione non sarebbe ragionevole ritenere applicabili le sole sanzioni previste dall’art. 8 del divo 28/10 posto che altrimenti sarebbe possibile, contro la logica dell’istituto che ha la funzione di permettere la definizione stragiudiziale della lite, poter rimuovere la condizione solo attivando il procedimento (senza che rilevi lo scopo); donde la mancata partecipazione del soggetto onerato determina l’improcedibilità della domanda”.
Tribunale di Roma, sentenza del 12 novembre 2018(leggi la sentenza)
Fonte: iusletter.com
Pubblicato in data 14/11/2018
La centralità della prospettiva dirimente accordata dal procedimento di mediazione è stata oggetto di una recente pronuncia giurisprudenziale, che ne ha enfatizzato l’obbligo di legge incombente sulla parte che incardina il procedimento giudiziale.
Infatti, il Tribunale di Belluno, nel rigettare le domande attoree, ha dichiarato contestualmente l’improcedibilità delle stesse, atteso il mancato esperimento del tentativo di mediazione, sebbene lo stesso fosse stato validamente spiegato in relazione ad una un’altra domanda inerente le medesime parti.
Segnatamente, il Tribunale adito ha inteso estendere l’obbligatorietà dello strumento conciliativo di cui al D.Lgs n.28/2010, anche ai casi in cui tale obbligo non sussista in relazione a cause e domande connesse e/o collegate a quella per cui si procede.
Nel caso di specie il Magistrato ha ritenuto che la domanda di mediazione avanzata dalle parti, ma inerente ad una diversa domanda formulata dall’attrice nei riguardi della società convenuta in giudizio, non possa reputarsi idonea a superare la carenza del procedimento conciliativo, pur avendo coinvolto gli stessi soggetti.
Il Tribunale ha in tal senso osservato che: “pur dovendosi riconoscere che la domanda relativa alla simulazione del contratto non fosse soggetta alla mediazione obbligatoria, non si può escludere che per le domande in materia di affitto di azienda la parte fosse comunque chiamata ad avviare il procedimento di mediazione, prevista quale condizione di procedibilità”.
Orbene, nella pronuncia ivi in commento si desume come l’obbligatorietà di cui all’esperimento del procedimento conciliativo travalichi i limiti normativamente imposti, travolgendo anche materie e fattispecie per le quali il legislatore non ha previsto alcun obbligo di adozione del citato strumento dirimente.
Invero, il Tribunale ha inteso dichiarare l’improcedibilità delle domande formulate dall’attrice, pur in presenza dello svolgimento di un incontro di mediazione, in quanto non sufficientemente valevole a ritenere rispettato il precetto normativo in materia conciliativa.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale di Belluno ha dichiarato l’improcedibilità delle domande formulate da parte attrice ed ha condannato la stessa all’integrale refusione delle spese di lite.
Tribunale di Belluno, sentenza del 22 giugno 2018
Fonte: iusletter.com
Pubblicato in data 07/11/2018
“Il giudice (oltre a poter desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c.) condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Brescia nell’ordinanza del 10 settembre 2018.
All’origine della vicenda c’è la domanda giudiziale proposta da una società di locazione finanziaria con ricorso ex art. 702 bis c.p.c.. La società convenuta eccepiva l’improcedibilità della domanda, in ragione della mancata attivazione della procedura di mediazione obbligatoria.
Il giudice, in parziale accoglimento dell’eccezione preliminare di mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, ex art. 5 comma 1-bis, d.Lgs. 28/2010, per cause in materia di contratti finanziari (rilevabile peraltro d’ufficio), assegnava al ricorrente termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Tuttavia, alla successiva udienza, il ricorrente depositava il verbale del primo incontro dinanzi al mediatore, rilevando l’impossibilità di dare corso al tentativo a causa della mancata partecipazione – non giustificata – della parte convenuta, seppure ritualmente convocata.
Pertanto, il Giudice nell’ordinanza rileva che "non esperito il tentativo di conciliazione per mancata partecipazione del convenuto (valutabile ai fini dall’art. 8 comma 4 bis del D.Lgs. 28/10), cade logicamente l’eccezione di improcedibilità ribadita da convenuto, giacché la condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo (art. 5 comma 2 bis)".
Si conviene che ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis D. Lgs. 28/2010 e successive modifiche, la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione consente al giudice di desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, c.p.c. e condannare la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non partecipa al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Il Giudice osserva, inoltre, che la lettera dalla disposizione evidenzia “che se da un lato la valutazione ex art. 116 comma 2 c.p.c. è rimessa alla discrezionalità del giudice (“può desumere”), la condanna in favore dell’Erario è invece obbligatoria conseguenza della mancata giustificazione dell’omessa partecipazione al procedimento di mediazione, quando obbligatorio”.
Il provvedimento in esame, dunque, segue un filone giurisprudenziale consolidato presso alcuni Tribunali italiani, secondo il quale è necessaria presenza personale delle parti nell’ambito del procedimento di mediazione e l’effettivo avvio del procedimento stesso.
Tribunale di Brescia, ordinanza del 10 settembre 2018
fonte: iusletter.com
Pubblicato in data 05/07/2018
L’invio delle parti in mediazione (la c.d. mediazione delegata) costituisce un potere discrezionale del giudice, che può essere esercitato, come noto, anche nel secondo grado di giudizio.
E, infatti, la previsione di cui all’art. 5, comma 2, D.Lgs n. 28/2010 attribuisce espressamente al magistrato, anche in sede d’appello, “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”, la possibilità di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione.
Sui poteri del giudice d’appello nel delegare la mediazione, appare senz’altro significativa la recentissima ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Napoli, nel disporre l’attivazione della procedura, si è soffermata, in maniera molto rigorosa, sul tema della necessaria presenza personale delle parti, nonché sul “ruolo” del mediatore.
Quanto al primo aspetto, la corte partenopea, invero inserendosi nel solco della prevalente giurisprudenza, ha sottolineato come – per poter considerare avverata la condizione di procedibilità della domanda giudiziale – non possa dirsi sufficiente, in mediazione, la sola presenza degli avvocati delle parti.
Sul punto, la Corte ha sottolineato che “il tentativo di mediazione non può considerarsi assolto mediante la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, posto che gli avvocati sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione e che in tale procedura la funzione del legale è di assistenza alla parte comparsa e non di rappresentanza della parte assente. Deve dunque precisarsi come sia necessaria Ia partecipazione delle parti personalmente o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare”.
“Avvisate” (testualmente) le parti sui presupposti per ritenere esperita la procedura di mediazione, viene, poi, come poc’anzi accennato, precisato anche il ruolo del mediatore.
E difatti nell’ordinanza ben si evidenzia che “il mediatore può formulare una proposta di conciliazione anche quando I’accordo non è raggiunto, coerentemente con la funzione attiva e deflattiva della mediazione, quale Istituto non destinato ad esaurirsi in una mera ricognizione dell’attività delle parti. La finalità dell’istituto è infatti quella di offrire alle parti una possibile definizione extra giudiziale della controversia evitando l’inevitabile alea del giudizio”.
Il Giudice d’appello dispone, dunque, che il mediatore “ove la conciliazione non riesca, formi processo verbale dando conto: i) della proposta comunque formulata; li) della partecipazione ovvero della mancata partecipazione delle parti; iii) della parte che abbia dichiarato di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare, anche ai sensi dell’art. 8, comma quarto bis del Dlgs. 28/2010, nonché degli artt. 116 comma secondo, 91 e 96 comma terzo”.
Secondo la Corte d’Appello del capoluogo campano, in definitiva, l’istituto della mediazione non vede limitazioni neppure quando si tratti di un tentativo di conciliazione esperito, per la prima volta, con una sentenza alle spalle. Ben precisi appaiono, infatti, come abbiamo visto, i confini tracciati per lo svolgimento della mediazione. Non resterà pertanto che affidarsi alla diligenza delle parti, che certamente non avranno interesse a vedere vanificati i risultati già conseguiti in primo grado.
Corte d’Appello di Napoli, 9 maggio 2018, ordinanza n. 1672.
Pubblicato in data 20/06/2018
La Corte d’Appello di Ancona ha dichiarato l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato esperimento della procedura di mediazione, attesa la mancata partecipazione personale della parte al primo incontro informativo, svolto in primo grado. Il Collegio giudicante ha rilevato che, in occasione del primo incontro di mediazione tenutosi nelle more del primo grado, la parte istante non aveva partecipato personalmente all’incontro.
La Corte d’Appello rileva che ai sensi dell’art. “8 D.lgv. n. 28/2010 l’obbligo di preventiva mediazione può ritenersi osservato solo in caso di presenza personale della parte o di un suo delegato, diverso dal difensore, e non in caso di comparsa esclusivamente del difensore, posto che scopo della mediazione è quello di riattivare la comunicazione fra i soggetti in conflitto al fine di metterli nelle condizioni di verificare la possibilità di una soluzione concordata”.
Del resto, è ben possibile per il giudice di secondo grado rilevare l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione; difatti, risulterebbe del tutto “illogico che il giudice dell’appello, una volta apprezzata la nullità della pronunzia di merito di primo grado per non avere il giudicante rilevato doverosamente l’irritualità della mediazione consentendone l’eventuale sanatoria, riesaminasse il merito della domanda in difetto di rituale mediazione” e che “indipendentemente dalle doglianze delle parti , laddove essa non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non possa ritenersi precluso al giudice d’appello di apprezzarne, d’ufficio, l’ insussistenza, anche in termini di validità”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO Dl ANCONA
SEZIONE 1 CIVILE
Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei Sigg. magistrati
Dott. Gianmichele Marcelli – Presidente
Dott. Ugo Pastore – Consigliere est.
Dott. Pier Giorgio Palestini – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1596 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016 e promossa
DA
……………………… APPELLANTE
CONTRO
………………………. APPELLATA
oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro n. 545/2016 del 8.7.2016 in materia di locazione
Conclusioni: vedi verbale udienza di discussione del 23.5.2017
RAGIONI Dl FATTO E Dl DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso della domanda depositato il 4.9•2015, previa inutile espletamento del procedimento di mediazione, adiva il Tribunale di Pesaro chiedendo la condanna di …….
—al risarcimento ex art. 3 commi 3 e 5 legge n. 431/1998 in misura di euro 17.532 ,pari a 36 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, per aver alienato l’immobile di sua proprietà disdettato alla scadenza oltre i 12 mesi dal riacquisto della disponibilità .
Ritualmente costituitasi , la ……… chiedeva il rigetto della domanda sul presupposto che il termine annuale per la vendita decorresse dalla chiusura della procedura giudiziaria .
All’esito del giudizio, espletato inutilmente il tentativo di mediazione, il Tribunale rigettava la domanda e condannava l’attore alla rifusione delle spese di lite.
Avverso la sentenza proponeva appello il lamentando l’erroneo apprezzamento della decorrenza del termine annuale e dell’avvenuta contestazione della riconsegna delle chiavi dell’appartamento nonché la tardiva costituzione della convenuta in primo grado e chiedendo l’accoglimento della domanda azionata con vittoria di spese .
Si costituiva ritualmente la ……. contestando l’appello e chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
All’udienza del 23.5.2017 sulle conclusioni delle parti di cui al verbale in atti la Corte ha deciso dando lettura del dispositivo di seguito riportato.
La Corte rileva d’ufficio l’improponibilità della domanda azionata per omesso rituale espletamento della procedura di mediazione, erroneamente non apprezzato, come d’obbligo, dal primo giudice. Dal verbale dell’unico incontro fra le parti presso l’organismo di mediazione e conciliazione del Foro di Pesaro avvenuto in data 22.7.2015, si evincono infatti l’ingiustificata mancata partecipazione personale della parte istante l’assenza di qualsiasi parte del mediatore, di ottenerne la presenza.
In base all’art. 8 D.lgv. n. 28/2010 l’obbligo di preventiva mediazione può ritenersi osservato solo in caso di presenza personale della parte o di un suo delegato, diverso dal difensore, e non in caso di comparsa esclusivamente del difensore, posto che scopo della mediazione è quello di riattivare la comunicazione fra i soggetti in conflitto al fine di metterli nelle condizioni di verificare la possibilità di una soluzione concordata.
D’altro canto non avrebbe senso imporre un incontro fra i soli difensori e il mediatore per un’informativa del tutto inutile e un tentativo di conciliazione che gli stessi potrebbero attuare direttamente senza particolari formalità e inutili esborsi .
Ciò posto, la Corte, alla luce del dato letterale dell’art. 5 D.lvo n. 28/2010, ritiene che la tempestiva rilevabilità d’ufficio dell’improcedibilità per difetto di mediazione sia obbligatoria per il giudice, trattandosi di un indefettibile presupposto per l’inizio o la prosecuzione del processo (art. 5 comma I bis D.lgv. n. 28/2010: l’esperimento procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” ).
Ne deriva che, indipendentemente dalle doglianze delle parti , laddove essa non sia stata tempestivamente e ritualmente rilevata, non possa ritenersi precluso al giudice d’appello di apprezzarne, d’ufficio, l’ insussistenza, anche in termini di validità.
Infatti se da un lato l’art. 5 comma 1 D.lgv. n. 28/2010 prevede che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza ( la suprema Corte con ordinanze n. 19410/2010 e 1 167/2007 si è espressa nel senso di una configurazione sostanziale e non formale del concetto di prima udienza facendo riferimento all’udienza ex art. 183 c.p.c. ), la stessa norma prevede anche che il giudice, rilevato d’ufficio il mancato valido esperimento della mediazione, assegni alle parti un termine di 15 giorni per provvedere, il che fa presumere che tale previsione di decadenza sia funzionale a sanare il vizio e non a impedirne la successiva declaratoria ai fini della procedibilità della domanda.
D’altro canto la possibilità, prevista dal comma 2 dello stesso articolo, che il giudice d’appello possa, al di fuori dei casi di obbligatorietà della mediazione previsti dal comma I bis, disporre d’ufficio l’esperimento del procedimento di mediazione – che diviene in tal caso condizione di o procedibilità della domanda anche in appello – da un lato conferma il particolare favore attribuito dal legislatore all’istituto come modalità privilegiata di risoluzione, anche in sede di gravame, di alcune controversie civili e dall’altro autorizza un allargamento, non espressamente precluso, delle possibilità per il giudice dell’impugnazione di rilevare l’ impossibilità di una pronunzia nel merito per violazione delle condizioni di legge per promuovere giudizialmente la domanda.
Diversamente opinando, ove ciò si ritenesse precluso, si verrebbe a determinare un vulnus per la stessa previsione deflattiva di obbligatorietà dell’istituto laddove le parti si accordino o di fatto addivengano ad una elusione della previsione confidando sull’omesso apprezzamento da parte del giudice del mancato esperimento o della irritualità della mediazione effettuata..
Non appare superfluo sottolineare come a conferma della portata cogente dell’obbligo di mediazione —introdotto dal legislatore per e materie espressamente previste e che non può quindi tollerare limiti di rilevabilità – militi anche la significativa previsione del comma 4 bis dell’art. 8 del D.Lgv. n. 28/2010 sulla possibilità per il giudice di sanzionare l’ingiustificata partecipazione di una parte al procedimento e di valorizzarla ex art. 116 comma 2 c.p.c. nel successivo giudizio.
Appare illogico che il giudice dell’appello, una volta apprezzata la nullità della pronunzia di merito di primo grado per non avere il giudicante rilevato doverosamente l’irritualità della mediazione consentendone l’eventuale sanatoria, riesaminasse il merito della domanda in difetto di rituale mediazione.
D’altro canto la specifica esclusione dalla previsione dell’art. 5 comma 2 richiamato delle ipotesi di mediazione obbligatoria porta a ritenere che non sia consentito al giudice del gravame sanare d’ufficio il vizio di procedibilità mettendo le parti in condizione di sanare l’omessa o irrituale mediazione .
Neanche può considerarsi ostativa di una pronunzia di improcedibilità la previsione dell’art. 101 comma 2 c.p.c. , posto che la questione rilevata d’ufficio da questa Corte è di mero diritto attinendo alle condizioni di legittimità della mediazione, e non comporta apprezzamenti di fatto tali da determinare esigenze di integrale contraddittorio fra le parti e nei confronti del giudicante.
Ciò posto, all’apprezzamento della nullità della pronunzia di primo grado e dell’improcedibilità della domanda azionata consegue l’opportunità di compensare fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio .
Infatti se virtualmente potrebbe considerarsi soccombente l’attore in primo grado per non aver ingiustificatamente partecipato personalmente alla mediazione cagionandone l’irritualità , d’altro canto la stessa parte convenuta , non manifestando disponibilità in sede di mediazione e non promuovendo tempestivamente l’ eccezione di irritualità in primo grado, ha contribuito all’elusione o sostanziale dell’obbligo di legge così manifestando un’ingiustificata indisponibilità ad un superamento concordato delle ragioni di conflitto.
PQM
La Corte, definitivamente pronunziando, in riforma dell’impugnata sentenza dichiara l’improcedibilità della domanda, compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio e condanna l’appellante al versamento in misura doppia del contributo unificato.
Ancona lì, 23 maggio 2017
Il CONSIGLIERE est. Ugo Pastore
IL PRESIDENTE
Gianmichele Marcelli
fonte: mondoadr
Pubblicato in data 15-05-2018
Vista l'elevata richiesta di partecipazione, il giorno 18 maggio p.v. dalle ore 9.00 alle ore 13.00, presso l'Hotel GRANDUCA sito in Grosseto, Via Senese n.170, MEDIA LAW replica il convegno di studi "Il GDPR - Nuovi adempimenti privacy".
La partecipazione è gratuita, previa registrazione e fino ad esaurimento dei posti disponibili, da effettuarsi tramite il seguente link: http://www.media-law.it/registrazione-evento-media-law.html