Media Law – resolution center – Organismo di Mediazione ed Ente di Formazione accreditato al Ministero della Giustizia e Camera Arbitrale, offre un servizio di assistenza ed una serie di strumenti noti come ADR (Alternative Dispute Resolution) che permettono di risolvere e/o prevenire le liti in tempi certi, brevi e a costi predeterminati.
Pubblicato in data 23/12/2021
E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale del n. 292 del 9 dicembre 2021 la Legge 26 novembre 2021, n. 206 che renderà concreto il modello italiano per una giustizia coesistenziale e sostenibile
La riforma della giustizia civile è legge. Con 364 voti favorevoli, 32 contrari e 7 astenuti, oggi 25 novembre 2021, la Camera dei Deputati – nel rinnovare la fiducia al Governo – ha approvato il ddl n. 3289 (che era stato approvato con il n. 1662 al Senato il 21 settembre 2021) che contiene la “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”, con il dichiarato obiettivo di ridurre la durata dei processi concordata in sede europea entro i 5 anni del PNRR (riduzione della durata del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè ad una durata media dei processi di mille giorni).
In un tempo record (le linee programmatiche sono state tracciate dalla Ministra Cartabia alle Commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento il 17 e il 18 marzo 2021) prende corpo una profonda riforma della giustizia civile i cui princìpi sono orientati non soltanto all’efficienza e, quindi, alla riduzione dei tempi processuali, ma anche alla realizzazione di un sistema integrato tra giurisdizione e strumenti consensuali in una logica non meramente deflativa.
Il presidente Draghi aveva invocato «il coraggio delle visioni» al Senato riunito per votare la fiducia al nuovo Governo che si accingeva a lavorare per la «nuova ricostruzione». E la Ministra Cartabia nelle sue linee programmatiche aveva assegnato centralità alla mediazione e agli altri sistemi di risoluzione delle controversie diversi dal processo, valorizzandone gli effetti virtuosi non solo per l’alleggerimento del carico giudiziario, ma in una funzione di «complementarità» e, quindi, di coesistenza più che di alternatività.
La legge delega nella sua complessità è, infatti, chiaramente volta alla costruzione di un sistema virtuoso della giustizia civile, sempre più orientato al radicamento di strumenti coesistenziali e assiologicamente orientata al solidarismo costituzionale. Queste sono le ragioni sottese ad una ampia riforma della mediazione perché possa consolidarsi e ulteriormente diffondersi quale strumento privilegiato per la pacifica convivenza sociale, in uno spazio regolamentato di leale collaborazione con l’ausilio di professionisti esperti. Un sistema poliedrico, integrato e sostenibile. Anche perché soltanto un sistema che sia sostenibile può garantire la effettività della tutela dei diritti e per ciò stesso la efficienza della giurisdizione.
Molto dipenderà dalla fase che si è appena aperta e che condurrà all’approvazione dei decreti delegati. La legge prevede infatti che i princìpi e i criteri direttivi dettati dal Parlamento debbano essere attuati dal Governo entro un anno.
Già dalla prima lettura della legge delega si può rilevare come per la mediazione l’impianto della riforma sia stato strutturato in quattro aree di intervento.
In primo luogo, si investe sulla mediazione incentivando e sostenendone l’utilizzo; si prevede infatti il riordino e la semplificazione degli incentivi fiscali, ma anche l’incremento della misura dell’esenzione dall’imposta di registro sugli accordi conciliativi stipulati ed inoltre il riconoscimento di un credito d’imposta commisurato al compenso dell’avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione nei limiti previsti dai parametri professionali; con l’ulteriore riconoscimento di un credito d’imposta commisurato al contributo unificato versato dalle parti nel giudizio che risulti estinto a seguito della conclusione dell’accordo di mediazione. Ed ancora l’estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione (e di negoziazione assistita) e la previsione di un credito d’imposta in favore degli organismi di mediazione commisurato all’indennità non esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, infine, la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione.
Una seconda area di intervento – di particolare interesse per i professionisti e gli operatori del settore – riguarda poi quei princìpi che mirano a risolvere le diverse criticità processuali emerse nel corso del primo decennio di vigenza della mediazione c.d. obbligatoria, al fine di risolvere i dubbi interpretativi e i contrasti giurisprudenziali che ne sono scaturiti (e che in questi anni hanno minato la effettività e le potenzialità della mediazione). Si pensi alla individuazione dell’onere di avvio della mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ma anche alla partecipazione personale delle parti (con la limitazione e la regolamentazione del potere di delegare) e alla effettività della procedura con le relative sanzioni; e ancora allo “scudo” per la responsabilità erariale dei funzionari delle amministrazioni pubbliche che partecipano alla mediazione, alla possibilità di utilizzare la relazione dell’esperto in mediazione nel successivo processo o, ancora, alla possibilità dell’amministratore di condominio di attivare e aderire alla procedura senza la preventiva delibera assembleare.
Una terza area riguarda gli interventi sulla mediazione c.d. obbligatoria nella sua duplice declinazione del filtro preventivo (posto dal legislatore in via astratta e generalizzata) e di quello successivo (affidato al giudice per una selezione mirata fatta caso per caso). Per la mediazione preventiva viene prevista l’estensione della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale ad altri ambiti di controversie (in particolare, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di sub fornitura). Decorsi cinque anni dall’ampliamento viene prevista una verifica, alla luce delle risultanze statistiche, dell’opportunità della permanenza della procedura di mediazione come condizione di procedibilità. Quanto alla mediazione successiva, nel corso del processo, l’obiettivo è quello di valorizzare e incentivare la mediazione demandata dal giudice in un regime di collaborazione necessaria fra gli uffici giudiziari, le università, nel rispetto della loro autonomia, l’avvocatura, gli organismi di mediazione, gli enti e le associazioni professionali e di categoria sul territorio, che consegua stabilmente la formazione degli operatori, il monitoraggio delle esperienze e la tracciabilità dei provvedimenti giudiziali che demandano le parti alla mediazione.
Alla quarta e ultima area di intervento possono ricondursi quei princìpi che puntano ad innalzare il livello qualitativo della mediazione. Infatti, il legislatore prevede un intervento sulla normativa che regolamenta gli organismi che amministrano il servizio e sugli enti di formazione. Si prevede così la revisione della disciplina sulla formazione e sull’aggiornamento dei mediatori (aumentando la durata della stessa) e dei criteri di idoneità per l’accreditamento dei formatori teorici e pratici; ma si prevede altresì di potenziare i requisiti di qualità e trasparenza del procedimento di mediazione, anche riformando i criteri indicatori dei requisiti di serietà ed efficienza degli enti pubblici o privati abilitati a costituire gli organismi di mediazione come anche la riforma e la razionalizzazione dei criteri di valutazione dell’idoneità del responsabile dell’organismo di mediazione, nonché degli obblighi di quest’ultimo e del responsabile scientifico dell’ente di formazione. Resta invece da affrontare la questione relativa all’autonomia scientifico disciplinare della mediazione (di competenza del MIUR) il cui riconoscimento costituisce una esigenza ormai da più parti auspicata che rappresenta il nodo nevralgico della formazione perché la mediazione possa davvero radicarsi, consentendo il raggiungimento di obiettivi qualitativi per l’intero sistema in una prospettiva di più ampio respiro.
Infine, il legislatore assegna al Governo un ulteriore compito che attiene alla armonizzazione, all’esito del monitoraggio che dovrà essere effettuato sull’area di applicazione della mediazione obbligatoria, della normativa in materia di procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie previste dalla legge e, allo scopo, raccogliere tutte le discipline in un testo unico degli strumenti complementari alla giurisdizione (TUSC), anche con opportuna valorizzazione delle singole competenze in ragione delle materie nelle quali dette procedure possono intervenire.
Il percorso normativo e culturale avviato con la legge delega potrà consentire di riscrivere il rapporto tra i cittadini e la giustizia e, quindi, tra giurisdizione e ADR.
Un sistema poliedrico, aperto, flessibile di ADR in cui il processo con la sua funzione baricentrica può stemperare la sua rigidità nell’integrazione con altri procedimenti ad esso esterni mantenendo la sua funzione di garanzia in una prospettiva di sussidiarietà.
Fonte: CostoZero.it
Pubblicato in data 01/12/2021
Nel caso in esame, all’esito dell’udienza di comparizione e trattazione, il Giudice – rilevato che la controversia aveva ad oggetto un contratto rientrante nell’ambito applicativo dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 – assegnava termine alle parti di quindici giorni per introdurre la mediazione, fissando nuova udienza per la prosecuzione del giudizio.
Successivamente, con note scritte depositate in vista dell’udienza, svolta in forma di trattazione scritta, il difensore di parte attrice chiedeva un rinvio per consentire l’introduzione della mediazione, dando atto di non avervi potuto provvedere perché la comunicazione di cancelleria, con la quale era stata data notizia del provvedimento del Giudice, indicava per errore che il rinvio era stato disposto “per comparizione del CTU”.
Il Tribunale, tuttavia, accogliendo l’eccezione di parte convenuta, ha ritenuto di dover dichiarare l’improcedibilità della domanda per effetto dell’omessa instaurazione del procedimento di mediazione dal medesimo delegato.
Il G.U., al riguardo, ha osservato come la propria ordinanza fosse stata regolarmente comunicata ai difensori di entrambe le parti in data 13 aprile 2021 e che, quindi, il termine per introdurre la mediazione fosse spirato in data 28 aprile 2021. La richiesta di rinvio del termine era stata presentata dal legale di parte attrice soltanto in data 22.09.2021, peraltro solo in sede di note scritte e non nell’ambito di una formale istanza di proroga del termine originariamente concesso.
In ogni caso, il giudice milanese ha evidenziato che la parte non aveva dimostrato di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile, come previsto dall’art. 153 c.p.c. “In effetti, la circostanza allegata dal difensore dell’attore per cui nel biglietto di cancelleria comunicato in data 13 aprile 2021 fosse indicato quale oggetto “Rinvio ad altra udienza per comparizione ctu” non esonerava il difensore dalla lettura del provvedimento adottato da questo giudice, atteso che il biglietto di cancelleria non può sostituire il citato provvedimento che, peraltro, era facilmente verificabile tramite accesso al fascicolo telematico. Ciò senza considerare che venendo in rilievo un provvedimento adottato all’esito della prima udienza, antecedente anche all’assegnazione dei termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., e che alcun consulente d’ufficio era mai stato nominato, era più che evidente che l’indicazione contenuta nel biglietto di cancelleria fosse frutto di un errore; tale circostanza avrebbe dovuto indurre il difensore a verificare quale fosse l’effettivo contenuto del provvedimento adottato in data 13 aprile 2021. Di qui il rigetto dell’istanza di parte attrice, ritenendo insussistenti i presupposti di cui agli artt. 153 e ss c.p.c.”.
Il Tribunale ha poi aggiunto che la controversia esaminata aveva ad oggetto contratti di finanziamento che rientrano, in quanto tali, nell’ambito applicativo del d.lgs n. 28/2010, il cui l’art. 5 prevede, al comma 1 bis, che “L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
Inoltre, non poteva dubitarsi che gravasse sull’attore l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione e che dovesse farlo entro il termine assegnato, stante la natura perentoria di quest’ultimo.
Si legge al riguardo in sentenza: “Per quanto concerne il rilievo da attribuire al mancato rispetto del termine di quindici giorni indicato dal giudice nell’ordinanza con cui è stato disposto l’espletamento della procedura di mediazione, si osserva che questo giudice non condivide la tesi circa la natura ordinatoria del termine, considerato che la sanzione prevista per il mancato esperimento della procedura è la improcedibilità della domanda e che al fine di realizzare tale incombente il legislatore ha previsto che il giudice assegni alle parti il termine di quindici giorni per la sua introduzione, così che l’interpretazione che esclude ogni rilievo al mancato rispetto del temine di quindici giorni, in definitiva, renderebbe privo di significato il dato normativo”.
Inoltre, sempre secondo il Giudice, “anche laddove si aderisse alla tesi della natura ordinatoria del termine di quindici giorni, per il disposto dell’art. 154 c.p.c. la proroga dei termini ordinatori può disporsi anche d’ufficio solo prima della scadenza di essi e perciò, quando siano decorsi interamente senza l’emanazione di alcun provvedimento che ne protragga la durata, si verificano gli stessi effetti preclusivi derivanti dall’inosservanza dei termini perentori (cfr. Cass., 6 maggio 2003 n. 6895)”.
In conclusione, pertanto, il Tribunale di Milano ha dichiarato la domanda improcedibile, attesa la mancata introduzione della mediazione.
Tribunale di Milano, 23 novembre 2021 n. 9672
fonte: iusletter.com
Pubblicato in data 27/04/2021
Per il Tribunale di Roma (ordinanza del 12 aprile 2021, qui allegata) la procedura di mediazione prevale sulla negoziazione assistita, sulla quale il Tribunale si è espresso in senso decisamente negativo, anche nei casi in cui sarebbe obbligatoria quest’ultima: "….la conclamata notoria inefficienza dell’istituto della negoziazione assistita che secondo le statistiche del Consiglio Nazionale Forense ha prodotto, al di fuori della materia delle separazioni e dei divorzi, risultati imbarazzanti quanto a conciliazioni".
Per il Tribunale, “II decr.lgsl.28/2010, istituto assorbente, come il più contiene il meno, la negoziazione assistita, essendo obbligatoria in entrambi gli istituti – in particolare nella mediazione obbligatoria e demandata, come nella negoziazione assistita – l’assistenza degli avvocati, ma solo nella mediazione essendo prevista la fattiva presenza di un soggetto terzo, autonomo e imparziale, il mediatore che attribuisce un evidente vantaggio aggiuntivo a tale istituto) di talché, da una parte sarà soddisfatta la condizione di procedibilità della causa, dall’altra potrà essere soddisfatta (e testata) la sussistenza della eventuale (e sperata) reale volontà conciliativa da parte del Ministero“. Inoltre, “il procedimento di mediazione è connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, il mediatore, terzo e imparziale, la? dove la stessa neutralità non è ravvisabile nella figura dell’avvocato che assiste le parti nella procedura di negoziazione assistita. Il mediatore, infatti, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs 28/10, da un lato, non può “assumere diritti od obblighi connessi (…) con gli affari trattati (…)” né percepire compensi direttamente dalle parti (comma 1); dall’altro, è obbligato a sottoscrivere, per ciascuna controversia affidatagli, un’apposita “dichiarazione di imparzialità” e a informare l’organismo di mediazione e le parti delle eventuali ragioni che possano minare la sua neutralità (comma 2, lettere a e b). Tale neutralità, oltre ad essere sancita anche dall’art. 3, comma 2 del D.Lgs 28/10, è peraltro altresì precisata dalla disciplina posta dall’art. 14-bis del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180 (Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del DL 28/10), adottato, ai sensi dell’art. 16, comma 2, del medesimo D.Lgs., di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, che regola le cause di incompatibilità e le ipotesi di conflitti di interesse in capo al mediatore. Mentre, dunque, nella mediazione il compito – fondamentale al fine del suo esito positivo – di assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella ricerca di un punto d’incontro è svolto da un terzo indipendente e imparziale, nella negoziazione l’analogo ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con finalista deflattive, gli istituti processuali in esame siano caratterizzati da una evidente disomogeneità".
Clicca qui per scaricare l'ordinanza del Tribunale di Roma.
Avv. Luca Tantalo
Pubblicato in data 13/04/2021
L’onere di attivare la mediazione compete all’opposto, con la conseguenza che dalla pronuncia di improcedibilità discende la revoca del decreto ingiuntivo.
Con questo principio, la sezione VI Civile della Suprema Corte ha mostrato di essersi ormai adeguata all’orientamento delle Sezioni Unite, che – come noto – hanno stabilito che l’onere di attivarsi per promuovere il procedimento di mediazione nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ricade sul creditore opposto (Sez. Un. n. 19596/2020). Da ciò consegue che l’improcedibilità, in caso di mancato esperimento del tentativo di conciliazione, va a colpire il decreto ingiuntivo.
Nel caso di specie, il Giudice di primo grado assegnava termine alle parti per attivare la mediazione, ma né la banca, né i debitori opponenti vi provvedevano. Per tale ragione, il Tribunale dichiarava improcedibile l’opposizione, affermando peraltro che l’onere di proporre la domanda sarebbe spettato agli ingiunti.
La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado.
Veniva, quindi, presentato ricorso avanti la Corte di Cassazione, la quale, in primo luogo, ha osservato come la sentenza impugnata fosse conforme a diritto, atteso che nessuna delle due parti del giudizio aveva attivato la mediazione e, pertanto, correttamente era stata pronunciata l’improcedibilità. Per tale ragione, i giudici di legittimità hanno precisato di non poter riformare il dispositivo, ma di poter solo correggerne la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c.
Quindi, richiamando la decisione delle Sezioni Unite sopra ricordata, la Corte di Cassazione ha affermato: “va corretta la motivazione della decisione impugnata nel senso che l’onere di attivare la mediazione compete all’opposto anziché, come ritenuto dai giudici di merito, all’opponente, con la conseguenza che, come esplicitato innanzi, alla pronuncia di improcedibilità consegue la revoca del decreto ingiuntivo”.
Cass., Sez. VI, Ord. 22 marzo 2021, n. 8015
Fonte: iusletter.com
Pubblicato in data 07/10/2020
Parametri Forensi Mediazione clicca qui per la visualizzazione del pdf.
Pubblicato in data 21/09/2020
Con la sentenza n.19596 del 18 settembre 2020 la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio dirompente in materia di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a controversie soggette a mediazione obbligatoria: l’onere di promuovere la procedura di mediazione grava sulla parte opposta con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell’opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.
La Corte di Legittimità si è dunque pronunciata su una questione di estrema importanza considerato il dibattito giurisprudenziale e dottrinario che si è generato nel tempo intorno all’individuazione della parte processuale tenuta a promuovere la procedura di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 29/2010, “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”. Il comma 4 dell’art. 5 stabilisce che le precedenti disposizioni riguardanti la mediazione obbligatoria non si applicano nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.
Tale esclusione sarebbe giustificata dalla natura del procedimento monitorio, volto a far ottenere rapidamente al creditore un titolo esecutivo e caratterizzato dal contradditorio eventuale e differito. In caso di opposizione al decreto ingiuntivo, nessuna norma individua quale sia la parte gravata all’avvio della mediazione.
La dottrina, dato il silenzio legislativo, ha individuato tale parte come quella portatrice dell’interesse a evitare gli effetti negativi derivanti dalla pronuncia di improcedibilità del giudizio che consegua all’omissione del procedimento di mediazione (sul tema, G. Balena, Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria, in Riv.dir. proc., 2016; A. Tedoldi, Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo, in Giur.it., 2012).
Nel panorama giurisprudenziale, il contrasto interpretativo si può compendiare in due opposti orientamenti.
Il primo ritiene che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo in materia soggetta a mediazione obbligatoria, l’onere, a pena di improcedibilità del giudizio, di proporre l’istanza di mediazione nel termine assegnato dal giudice gravi sul creditore opposto.
Numerose le pronunce della giurisprudenza di merito che hanno aderito alla posizione predetta (così, C. App. Bologna, 1° ottobre 2019, n. 1730; Trib. Grosseto, 7 giugno 2018 ; Trib. Firenze, 16 febbraio 2016; Trib. Benevento, 25 gennaio 2016; Trib. Pescara, 26 marzo 2015; Trib. Ferrara, 7 gennaio 2015).
Il secondo orientamento individua l’onere della proposizione della mediazione in capo al debitore opponente e, pertanto, l’azione del debitore ingiunto promossa attraverso l’atto di citazione in opposizione andrebbe incontro alla sanzione dell’improcedibilità con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto (in tal senso, Trib. Torino, 3 luglio 2019; Trib. Napoli Nord, 28 giugno 2018; Trib. Roma, 2 ottobre 2017; Trib. Verona, 28 settembre 2017; Trib. Torino, 4 ottobre 2017; Trib Vasto, 30 maggio 2016).
In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione con sentenza n. 24629 del 3 dicembre 2015, la quale ha precisato come sia l’opponente ad avere il potere e l’interesse a introdurre il giudizio di merito.
Tale posizione, peraltro, non è rimasta priva di conferme anzi è stata recentemente ribadita da in sede di Legittimità dalla sentenza n. 23003 del 16 settembre 2019.
La seconda soluzione proposta ha il vantaggio della compatibilità con la finalità deflattiva propria dell’istituto della mediazione obbligatoria in quanto, diversamente opinando, il creditore rimasto privo di soddisfazione nel processo dichiarato improcedibile potrebbe sempre riproporre la medesima domanda; l’opposto invece subirebbe quale conseguenza quella dell’improcedibilità ed il formarsi del giudicato sul decreto ingiuntivo.
La tesi seguita dalle Sezioni Unite nella pronuncia in commento, ritiene che la soluzione offerta dalla sentenza n. 24629/2015 non sia soddisfacente in quanto, da un lato, nell’istanza di mediazione devono essere indicate le ragioni dell’azione e sarebbe dunque illogico che il debitore si trovi a precisare su un’azione che non lo riguarda; dall’altro, considerato che l’art. 5 al comma 1-bis citato, stabilisce che chi intende esercitare in giudizio un'azione deve promuove la mediazione, la Corte ha ritenuto che tale assunto non possa che riferirsi alla posizione di colui che è attore sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ossia il creditore opponente.
La questione era stata rimessa alle SS. UU. da parte della Terza sezione civile della Corte, chiamata a pronunciarsi in un procedimento in opposizione a provvedimento monitorio, essendo tuttora presenti, tra le corti di merito, opinioni orientate nel primo senso descritto e dunque favorevoli a identificare il soggetto gravato dell’onere de quo nel creditore opposto.
A fronte del persistente contrasto interpretativo, la Terza Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019, ha dunque rimesso gli atti al Primo Presidente affinché valuti l’opportunità di interpellare le Sezioni Unite sul tema, ritenendo sussistente il presupposto della questione di massima di particolare importanza che, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., legittima appunto la richiesta di intervento del massimo organo di nomofilachia.
Nell’ordinanza interlocutoria era stato ravvisato che, in considerazione del silenzio della legge circa l’individuazione del soggetto onerato della proposizione dell’istanza di mediazione, entrambe le opzioni possibili - ossia conciliazione a carico dell'opponente e conciliazione a carico dell'opposto - sarebbero sostenibili con valide argomentazioni.
La soluzione prospettata dalle Sezioni Unite è quella che appare maggiormente in armonia con il dettato costituzionale: porre l’onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico dell’opponente si tradurrebbe, in caso di sua inerzia, nella irrevocabilità del decreto ingiuntivo come conseguenza del mancato esperimento di un procedimento che non è giurisdizionale.
La Corte Costituzionale, con sentenza n.98 del 2014 ha affermato l’illegittimità costituzionale delle norme che colleghino al mancato previo adempimento di determinati oneri, la decadenza dall’azione giudiziaria.
Partendo da tali riflessioni, le Sezioni Unite sono giunte a formulare il seguente principio di diritto:
"Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo".
Avv. Laura Panella
Mediatore Media Law